L’artista e il potere

L’artista e il potere
Episodi di una relazione equivoca
di Alessandro Dal Lago e Serena Giordano
(Ed. Il Mulino – 2014)
potere

Introduzione – Artisti e potenti

…l’ex Cavaliere ha lasciato una traccia materialmente cospicua anche nell’arte contemporanea. Infatti, all’inizio degli anni Novanta, si è fatto costruire dallo scultore Pietro Cascella, nella villa di Arcore, un mausoleo destinato ad accogliere sia le sue spoglie

…il presupposto filosofico dell’esaltazione demiurgica dell’arte è senz’altro la teoria del genio, che da Kant si estende a tutto l’idealismo tedesco

Se gli artisti, in certe epoche e in certe circostanze, mirano a un ruolo d’avanguardia culturale e sociale, se non politica, i potenti sono da sempre attratti dall’arte. È fin troppo facile citare il Nerone di Svetonio, l’autocrate fatuo e irresponsabile che voleva essere ricordato dai posteri soprattutto come cantore

È merito di Michel Foucault aver mostrato in modo persuasivo come il potere non si manifesti solo nelle istituzioni tradizionali di governo e controllo, ma ogni volta che – date due parti, posizioni, istanze e così via – una eserciti la pretesa di comandare sull’altra

…gli artisti acquistano un’identità specifica, che permette loro di entrare in relazione con committenti e mecenati. Dalla metà circa del XV secolo, gli artisti escono dall’anonimato a cui li costringeva, nel Medioevo, l’appartenenza alle corporazioni

…le definizioni dei due tipi principali della relazione arte-potere. Il primo è senz’altro l’estetica o aura del potere, cioè l’uso dell’arte in funzione di «aurizzazione» di un sovrano o di un tipo di governo.

La seconda tipologia che ci interessa è la potenza estetica dell’arte, che, ovviamente, si sovrappone a quella precedente. Parliamo in particolare del ruolo moderno dell’artista come creatore e, insieme, rappresentante di un certo tipo sociale e culturale

[nota 6] …il tema del genio è connesso a quello dell’artista scapestrato o criminale. Nella storia dell’arte, personaggi come Cellini, Caravaggio e Bernini, che ebbero rapporti tempestosi con le autorità, costituiscono i prototipi della figura tipicamente romantica del genio creatore che infrange le regole sociali

[nota 39] …L’aspirazione alla grandeur imperiale spiega anche la creazione di un museo, il Louvre, in cui affluivano le opere d’arte trafugate in mezza Europa durante le campagne militari

  • I. LE AVANGUARDIE E IL POTERE

1. Dall’indifferenza all’impegno

…artista siriano Tammam Azzam ha sovrapposto (con un montaggio digitale) la Danza del Moma alla fotografia di un edificio bombardato di Damasco

[Henri Matisse] …rimase senz’altro sbigottito quando, nel 1905, fu definito un artista fauve (ovvero «belva» o «selvaggio») dal critico Louis Vauxcelles

A Dresda, negli stessi anni, un gruppo di architetti e artisti si riunisce in un quartiere operaio della città e fonda Die Brücke, cioè «il ponte», definizione che si ispira a un famoso passo di Così parlò Zarathustra di Nietzsche

…essi vogliono, a partire dal loro nome e nello spirito di Nietzsche, essere una sorta di transizione verso il nuovo nell’arte e quindi un movimento rivoluzionario.

Al gruppo di Dresda segue qualche anno dopo Der Blaue Reiter [il cavaliere blu],  una corrente che ha tra gli esponenti di spicco Vasilij Kandinskij.

Redigono manifesti d’avanguardia, traboccanti di anatemi, invettive e teorie spericolate, la cui enfasi è tale da trasformare spesso i proclami in suggestivi testi poetici, come, per esempio, i Manifesti del surrealismo di André Breton

Quando l’artista parla di «rivoluzione», intende, per lo più, il sovvertimento delle regole estetiche che governano, fino a quel momento, il suo mondo, cioè quello dell’arte. La stessa parola, ovviamente, fuori dalla sua cornice, assume un significato politico

In questo senso, possiamo affermare che ogni manifesto artistico è, contemporaneamente, atto di nascita e di morte dei movimenti d’avanguardia.

2. Le anime contraddittorie dell’avanguardia

Con uno slogan, si potrebbe dire che il conflitto più importante ha luogo tra i sostenitori dell’arte come fine in sé e quelli dell’arte come mezzo, cioè tra i teorici dell’arte come avanguardia spirituale e quelli che la interpretano come avanguardia politica o sociale

Oggi, per esempio, i sostenitori del «ritorno al passato» guardano con amarezza o fastidio alla stagione delle avanguardie storiche, durante la quale l’arte si sarebbe smaterializzata o deoggettivata, trasformandosi da concreta manifestazione del talento in farneticazione pseudoletteraria o teorica. A noi sembra invece che l’arte sia sempre stata concettuale, almeno dal Rinascimento in poi.
Con «concettuale» intendiamo il fatto che l’arte pensa attraverso le opere, e cioè esprime punti di vista articolati sul mondo e su se stessa. In altri termini, l’arte – nonostante l’apparenza artigianale o manuale delle sue pratiche – è un’attività intellettuale.

Oltre che dall’impegno politico, il movimento surrealista è affascinato dalla psicoanalisi e soprattutto dall’importanza riconosciuta da Freud all’attività onirica. […] l’entusiasmo dei surrealisti deriva dalla carica sovversiva, di contestazione dell’esistente, che la psicoanalisi sarebbe capace di esprimere attraverso la rivalutazione dei sogni

3. Verso l’autodistruzione

…rivelano il carattere irrimediabilmente ambivalente delle avanguardie – in cui coabitano gli artisti che vogliono farla finita con le regole e quelli che, invece, trovano la loro dimensione ideale nella creazione di un sistema normativo alternativo.

Molti futuristi, quando non firmano manifesti, dipingono secondo lo spirito prevalente del loro tempo.

Un’opera come Lo staffato di Fattori, un pittore considerato «naturalistico», realizza felicemente, in pochi tocchi, l’aspirazione al dinamismo dei manifesti futuristi
[…]
per chiudere il cerchio, appena Boccioni si libera dai vincoli della sua appartenenza al movimento d’avanguardia, torna felicemente alla pittura figurativa e alla ritrattistica ottocentesca, ottenendo, fra l’altro, eccellenti risultati.

Nel 1913, Kazimir Malevič dipinse Quadrato nero su fondo bianco, punto di arrivo della sintesi estrema e di partenza dell’arte concettuale

L’intenzione del suprematismo non è affatto distruttiva nei confronti dell’arte. La ricerca di un «punto zero» della forma è dettata dalla volontà di liberarsi da ogni peso passato e vivere nuove avventure, ciò che, tra l’altro, è proprio una caratteristica del XX secolo, in ogni campo della cultura

Kandinskij, per esempio, è considerato uno dei padri dell’astrattismo e, come tale, ha collaborato al superamento della pittura figurativa e naturalistica. Nel contempo, però, pur liberando la pittura dalla schiavitù del reale la consegna nelle mani di un misticismo autoritario che, per dirla con Malevič, la soffoca con altre «parole schiaccianti» allo scopo di definire nuove «sensibilità morali». D’altronde, lo stesso Malevič è vittima della reazione stalinista, che può essere considerata come un esempio di moralismo estetico imposto dall’alto
[…]
La sua fine è malinconica: messo progressivamente in disparte da Stalin, finisce per riprendere la pittura figurativa. Morirà dimenticato nel 1935, a cinquantasette anni, a Leningrado

Le avanguardie teorizzano periodicamente la fine o morte dell’arte, ciò che suscita, da un secolo a questa parte, la riprovazione della critica conservatrice.

Solo quando gli artisti interpretano la loro opera come adesione ideologica a un sistema normativo la loro arte finisce davvero

…l’unico movimento che è riuscito a mantenere la sua identità esclusivamente critica, decostruttiva, anarcoide, teorizzando soprattutto l’allergia alle regole, e quindi al moralismo in arte, è il dadaismo. La sua «autodistruzione» è stata la logica conclusione di un percorso: non una sconfitta, ma una vittoria sulla tentazione di dar forma a ciò che non può averne.

L’artista torna a essere colui che non ha «ragione» e non perché incompreso, come vorrebbe la teoria romantica, ma perché è il primo che non se la riconosce

Non a caso, nel movimento Dada si riconosce John Heartfield

4. Per l’arte e per la patria

All’inizio della guerra fredda, il governo americano decide di passare all’azione e investire energie e denaro in una campagna per proteggere l’occidente dall’influenza sovietica e promuovere una cultura americana emancipata da quella europea
La decisione di includere la cultura e l’arte nell’arsenale della guerra fredda americana fu presa non appena fu fondata la Cia, nel 1947.

…la crociata del Ccf (Congress of Cultural Freedom) in favore di una giovane arte tutta americana non è affatto un’impresa facile.

Tra gli addetti ai lavori, l’esempio perfetto dell’atteggiamento reazionario è costituito dal critico Howard Devree, passato alla storia per la stolida definizione delle opere di Pollock come baked-macaroni, ovvero «maccheroni al forno»

Gli uomini al potere, a est come a ovest, richiedono a gran voce un’arte educativa, chi in nome del comunismo, chi in difesa della tradizione

…anche i russi guardano all’arte delle avanguardie europee (da cui l’arte americana avrebbe dovuto emanciparsi) con dichiarata antipatia

…Una volta ha afferrato un tampone di carta assorbente pieno di macchie di inchiostro e l’ha agitato davanti a un visitatore sbottando: “Jackson Pollock!”
[Greenberg 1991]

5. Libero senza saperlo

…1943, il mercante d’arte Howard Putzer propone di inserire un’opera di Pollock nella mostra annuale della galleria Art of This Century di Peggy Guggenheim

[Mondrian] camminava lentamente spostandosi di quadro in quadro. Quando capitò di fronte a Stenographic Figure, si fermò accarezzandosi il mento
[…]
«Sto cercando di capire che cosa sta succedendo qui. Non vedo niente di così interessante, in America, da molto tempo. Devi tener d’occhio quest’uomo.» Peggy era sbalordita. «Non dirai sul serio?» disse. «Non puoi paragonare questo alla tua pittura.» Mondrian rispose pazientemente, col tono di chi sta parlando a uno studente: «Il modo in cui io dipingo e quello che io penso sono due cose diverse»
[Naifeh e Smith 1989]

[nota 10] Per esempio, il situazionismo (che pure ha esercitato un notevole influsso culturale a partire dagli anni Sessanta), a forza di scissioni e dissensi, si riduce da movimento internazionale a dialogo fra due persone, Guy Debord e l’italiano Gianfanco Sanguinetti, che poi finiranno per separarsi

[nota 20] …sul circolo di Heartfield e Grosz e sull’affinità del dadaismo con il pensiero di Benjamin

[nota 22] Cia mecenate dell’espressionismo astratto. La prima conferma di un ex funzionario

  • II. L’ARTE DEL DENARO

1. «Guernica» e la guerra (dei discorsi)

L’opera di Picasso è dunque un’icona del Novecento e, pur ricordando un episodio specifico, riassume gli orrori di tutto il secolo. Ma ci domandiamo: perché Guernica e non opere d’arte politicamente esplicite come i taglienti disegni di Georg Grosz o i fotomontaggi di John Heartfield?

2. Stilisti, bretelle e scivoli

Consideriamo un’opera di Carsten Höller acquistata dalla stilista e mecenate d’arte Miuccia Prada

Ecco che cosa compra Miuccia Prada dagli artisti: un presunto punto di vista morale espresso attraverso una legittimazione estetica.

L’aura dell’arte, ovvero la legittimazione estetica di un punto di vista morale, è stata capace di trasformare dittatori sanguinari e papi senza scrupoli in modelli di virtù e spaventose carneficine in gesta eroiche

[ironia di Warhol]
Anzi, aveva compreso che si trattava di un ingrediente eccellente per condire la sua opera. Infatti, se c’è qualcosa che ha sempre titillato la vanità dei potenti di tutte le epoche è dimostrare di essere così magnanimi e sicuri della propria identità da gradire l’irriverenza degli artisti. Dal canto loro, gli artisti hanno sempre usato lo sberleffo nei confronti dei loro committenti per misurare il proprio grado di potere. Ci viene in mente Gian Lorenzo Bernini che scolpisce il busto del cardinale Scipione Borghese

Basta sfogliare le Vite di Vasari per rendersi conto che non c’è il minimo disprezzo del denaro in quegli artisti, ma, semmai, l’amarezza di dover affrontare la scarsità delle commesse e l’avarizia dei committenti.

È a questo punto che nasce, attraverso la costruzione del mito romantico dell’artista, la letteratura che lo descrive come creatura «libera» e «sprezzante del denaro», quando invece è proprio all’espansione del mercato che deve la sua emancipazione. La relazione fra arte e denaro è tanto ambigua quanto indissolubile: il potere compra gli artisti attraverso il denaro, ma, nel contempo, il denaro è ciò che permette a questi ultimi di acquistare autonomia e libertà, anche nei confronti della committenza.

3. Ai Weiwei: dalle «Stars» alle stelle

…la polizia rimuove dipinti e disegni e, successivamente, definisce l’esposizione en plein air dei giovani cinesi «illegale». Gli ideatori di questa performance sono i Xingxing (noti in occidente come Stars)

Ai Weiwei è forse l’artista cinese contemporaneo più noto al mondo. È stato uno dei fondatori del già citato gruppo Xingxing, un collettivo che ha avuto un ruolo fondamentale nelle vicende dell’arte cinese contemporanea.

Il suo videoclip musicale Dumbass (Explicit) (diretto dal noto direttore della fotografia e regista Christopher Doyle) è una perfetta sintesi della situazione dell’arte contemporanea in Cina e, a pensarci bene, anche altrove.

Nel 2013 Ai Weiwei espone alla Biennale d’arte di Venezia S.A.C.R.E.D.: sei monolitiche e claustrofobiche celle di ferro. Da un piccolissimo finestrino il pubblico può sbirciare altrettanti diorami in cui l’artista ricostruisce alcuni momenti della sua vita in carcere. Weiwei non può essere presente all’inaugurazione perché non può uscire dalla Cina, essendo in regime di libertà vigilata

[nota 2] Guernica, in effetti, non contiene alcun riferimento diretto ed esplicito agli autori della strage, né alle vittime. C’è chi attribuisce questa estraneità al fatto che Picasso avrebbe utilizzato una composizione destinata al famoso torero Joselito, trasformandola poi in Guernica

[nota 4] Il sequestro di molte opere «degenerate», sia dalle collezioni private sia dai musei, fu per molti nazisti una meravigliosa opportunità per impadronirsi di opere che – non era difficile prevederlo – valevano una fortuna. Hitler, con la collaborazione di Goebbels, mise a punto una legge sulla confisca dei prodotti dell’arte degenerata (1938) che permetteva di sequestrare opere senza alcun indennizzo per poi rivenderle all’estero.

[nota 13] Drella è il soprannome che Lou Reed inventò per Warhol, suo mecenate. È una crasi di Dracula e Cinderella che sottolinea le due personalità dell’artista

  • III. IL POTERE DELL’INAUTENTICO

1. Vero e falso in arte

Comunque, nell’arte, il movimento di derealizzazione, ovvero di emancipazione dal dogma della figura, iniziò molto tempo prima delle avanguardie storiche. Nei primi anni dell’Ottocento, William Turner, un pittore che più di altri ha anticipato l’arte contemporanea

Marina: Folkestone (1840), «rappresenta» una marina, se non fosse per il titolo dell’opera […] Turner un precursore dell’espressionismo astratto

…discuteremo sia la tesi dell’inconsistenza dell’idea di falso in arte, sia la vera dimensione pratica del dibattito in questione, che ovviamente ha a che fare con la realtà assai prosaica del mercato dell’arte e quindi del potere, economico e non solo.

2. La natura sociale della falsità

Ai copisti il mondo dell’arte ufficiale non tributa alcun riconoscimento – e ciò dimostra che l’abilità tecnica, anche quando è notevole, non garantisce in quanto tale la qualità artistica di un’opera

3. Falsari artisti

De Chirico, per esempio, in tarda età «rifaceva» le sue opere giovanili e le immetteva nel mercato, spacciandole per clamorosi ritrovamenti

Elmyr de Hory è considerato uno dei falsari più importanti del mondo. Le sue opere sono conservate nel Fälschermuseum di Vienna

Orson Wells dedicò a de Hory una sorta di documentario, F for Fake.

4. Artisti che copiano

Il ritratto di Monna Lisa, per cominciare, non è unico, come si ritiene comunemente. Ne esiste almeno una copia legittima conservata al Museo del Prado di Madrid. Nota come Gioconda spagnola (fig. 17), è probabilmente opera di un allievo di Leonardo, il famigerato Gian Giacomo Caprotti

  • IV. POTENZA E IMPOTENZA DELL’UTOPIA

1. Astronavi nel Belice

È la Porta del Belice, una scultura di Pietro Consagra in acciaio inox, alta 26 metri, eretta nel 1981 in memoria del terremoto del 14-15 gennaio 1968 e della fondazione di Gibellina Nuova in sostituzione di quella vecchia, completamente rasa al suolo dal sisma.

2. Platone a Gibellina Nuova

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, un sisma di magnitudo 6,1 rase al suolo i centri di Gibellina, Santa Ninfa, Poggioreale e danneggiò gravemente altri comuni della valle del Belice, situata tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento

Sul sito della vecchia cittadina sorge oggi il Cretto di Gibellina di Alberto Burri, un’imponente opera di Land art realizzata, tra il 1984 e il 1989, ricoprendo di cemento le macerie

…in nome degli abitanti del Belice. All’epoca non si aveva alcuna consapevolezza di una questione «postcoloniale», né, tanto meno, della possibilità di applicare l’idea di postcolonialismo al Meridione italiano

3. Linee curve, rette e spezzate

Uno dei primi architetti di cui si ha notizia nella cultura greca, Ippodamo di Mileto, è ricordato da Aristotele, nella Politica

4. Una polis senza agorà

Aristotele sapeva che sono le comunità reali a creare gli spazi urbani, e non viceversa. Le polis esistevano indipendentemente dall’esistenza degli edifici pubblici e di culto, per quanto grandiosi. Come Temistocle rivendica orgogliosamente prima della battaglia di Salamina, Atene esiste anche se è stata occupata dai persiani e gli ateniesi sono in esilio

5. Una questione di responsabilità

[nota 17] …Forse pochi sanno che ancora oggi ci sono baracche abitate dai discendenti delle famiglie colpite dal terremoto di Messina

[nota 37] …Non si tratta di un’utopia in senso stretto, quanto di un altro aspetto di estetica del potere. Infatti la città felice, gioiosa o ideale appartiene all’ideologia classica del potere assoluto

  • V. UN’ARTE SENZA POTERE

1. La canzone del curatore

Se il pubblico dovesse un giorno apprezzare l’arte autonomamente, se dimostrasse di avere non solo curiosità, ma anche competenza e senso critico, che ne sarebbe degli addetti ai lavori? E se qualcuno, approfittando di una pausa di silenzio dopo il pistolotto dell’assessore e il discorso del curatore di una grande mostra, si mettesse a dire la sua?

La strategia di annientamento e inferiorizzazione degli spettatori comuni è assolutamente trasversale e trova d’accordo esponenti del mondo dell’arte che, su altri fronti, hanno posizioni inconciliabili. Consideriamo ora tre casi esemplari: Giulio Paolini, famoso artista concettuale, Marco Goldin, un curatore noto per produrre mostre-evento capaci di richiamare centinaia di migliaia di visitatori, e infine Jean Clair, un critico a dir poco conservatore (uno che sogna il ritorno alla pittura figurativa esposta in musei molto esclusivi)

…ipotizzando, per assurdo, un pubblico capace di scoprire l’arte dove, quando e soprattutto come vuole.

2. Quanto è bello quel Caravaggio!

…l’aura non è mai morta, ma sta benissimo e continua a esercitare il suo ruolo insostituibile. Dai graffiti di Lascaux a oggi, essa ha il potere di trasformare un segno, un manufatto, un oggetto, una situazione o un’idea qualsiasi in arte.

È difficile, dunque, immaginare che cosa succederebbe se chiunque potesse attribuire un valore artistico a ciò che fa, cioè se potesse produrre aura, per così dire, in proprio.

…liberi di assistere a uno spettacolo che, per lo più, non è stato scritto o messo in scena dagli artisti, ma da chi ha l’autorità di produrre il discorso dell’arte, creando un’aura, spesso fumosa, intorno alle opere. Dalla scuola al museo, dall’infanzia all’età adulta, il pubblico è stato educato ad accettare tale mediazione.

La differenza fra ciò che è convenzionalmente bello e ciò che è intelligente è enorme: la bellezza tende a obbedire ai canoni, mentre l’intelligenza li trasgredisce. Proprio per questo motivo, chi usa l’arte per mantenere un potere, trasformandola in uno strumento di educazione, non può che ritenere essenziale il concetto convenzionale, e ovviamente spirituale, di bellezza

Non è un caso che i seguaci dell’arte educativa non amino l’arte moderna e contemporanea e mettano sempre in scena un improbabile conflitto fra l’arte di ieri e quella di oggi

È proprio qui che si manifesta l’incompatibilità fra arte e morale: la prima varca i confini, la seconda insegna a rispettarli. Per un moralista qualcosa è arte solamente grazie al fatto che qualcos’altro non lo è. Le certezze estetiche del moralista si possono riassumere facilmente: esiste una sola realtà, testimoniata dalla bellezza. La prima affermazione è essenziale per costruire l’intera impalcatura dell’estetica convenzionale. Il moralista ha bisogno di credere che esista una sola verità. Non a caso, l’estetica convenzionale e moralistica ama l’arte figurativa, che dovrebbe rappresentare la verità e non una verità tra le molte possibili

3. La sindrome di Warhol

Ora, noi vogliamo dare il nostro piccolo contributo alla scienza medica, segnalando una nuova sindrome, quella di Warhol
[…]
Chi ne è affetto non riuscirebbe più a distinguere ciò che è interessante da ciò che è banale. In mezzo a una strada, in un supermercato o in qualsiasi altro luogo, chi è colpito dalla sindrome di Warhol trova tutto straordinariamente significativo
[…]
Da qui i comportamenti a dir poco immorali di coloro che sono affetti da tale sindrome: tendenza ossessiva alla confusione di alto e basso, mancanza di rispetto per i monumenti, una certa intolleranza per i capolavori indiscutibili e, in certi casi, pericolosa tendenza a ridiscuterli

In base a quanto precede, possiamo azzardare la seguente definizione: non è arte tutto ciò che non è ancora stato autorizzato come tale. Al contrario, è arte tutto ciò che 1) è già caduto sotto lo sguardo degli artisti e 2) il cui riconoscimento estetico, da soggettivo che era, si è trasformato in oggettivo.

Alludiamo allo spot televisivo di Banca Sistema, trasmesso nella primavera 2013

…la chiesa del Pio Monte della Misericordia, non lontano dal nostro albergo. In questo modo avremmo potuto dare un’occhiata a una collezione di dipinti (dal XVI al XIX secolo) in cui spicca una tela di Caravaggio, Le sette opere della misericordia.

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Rif. Bibliografici

Danto, A.C.
1964 The Artworld, in «Journal of Philosophy»

Giordano, S.
2012 Disimparare l’arte. Manuale di antididattica, Bologna, Il Mulino

Montanari, T.
2011 A che cosa serve Michelangelo?, Torino, Einaudi.
2012 La madre di Caravaggio è sempre incinta, Milano, Skira.
2013 Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane, Roma, minimum fax.

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Damien Hirst


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